Era arrivata la primavera. Lo sentiva persino nel piccolo appartamento dove viveva quasi rinchiuso. Fuori il cielo era ancora grigio e il sole stentava a venir fuori per riscaldare l'aria, ma lui sentiva dentro di se che era arrivato il momento di iniziare il nuovo viaggio. Ne faceva uno ogni anno, più o meno in quello stesso periodo. Lavorava da casa, perciò poteva facilmente organizzarsi e prendere qualche settimana di ferie. Nessuno gli avrebbe detto nulla, non almeno nella sua situazione. Preferiva partire in primavera, quando il caldo non era eccessivo, c'era meno folla e le persone sembravano cortesi e ben disposte.
Non progettava molto i suoi viaggi, li accarezzava. Come un piccolo scrigno pieno di avventure, preferiva pensarli, sognarli, ma non si metteva mai a tavolino per pianificare cosa fare e quando farlo. Decideva una meta. Cercava informazioni sulla storia del luogo, sui locali, sulle tradizioni e sul cibo, ma non l'albergo, un ristorante o un posto da visitare obbligatoriamente. Quando arrivava, se riusciva ad arrivare, si faceva guidare dal vociare della gente, dall'intensità e dalla bellezza degli odori.
Si, i suoi viaggi erano davvero unici. Partiva con uno zaino in spalla. Dentro c'era qualche vestito, una maglia pesante per le serate fredde, un sapone per la biancheria e un beauty strapieno. Non mancava mai la macchina fotografica, una vecchia compatta che andava ancora con la pellicola, da cui avrebbe sviluppato uno o due rullini da 24.
Il giorno della partenza, come da programma, usciva di casa con lo zaino e qualche soldo nel portafogli. Alla stazione saliva sul treno che lo portava fino al confine o poco oltre. Da lì continuava con mezzi di fortuna. Spesso faceva l'autostop o saliva su qualche corriera. Gli piaceva anche camminare, ascoltando i rumori della strada e gli odori portati dall'aria. Aveva modo di conoscere tante persone differenti. Osservava con attenzione gli accenti di tante lingue. Chiedeva ospitalità con fiducia nei paesi o nelle campagne. Raccontava la sua storia ed in tanti lo facevano dormire in casa per una notte o una settimana. Scattava foto quando era ispirato.
Alla fine giungeva alla sua meta. Di solito era una grande città dove poteva toccare le pietre dei vicoli e le facciate di cemento delle grandi costruzioni. Andava nei locali brulicanti che non trovava nella sua città, visitava i musei coi loro odori così innovativi, ballava alla musica delle piazze, beveva nelle strade insieme a persone sconosciute.
Alla fine salutava tutti, saliva su un treno o su un aereo e tornava a casa, con un bagaglio molto più grande nel cuore ed un paio di rullini da sviluppare. Al suo arrivo aveva lettere da scrivere e tanti contatti in più su facebook. Un po' di calore nel suo appartamento così scuro. A casa, quando le foto erano stampate, organizzava una cena e con aria sognante raccontava ogni singolo avvenimento con mille particolari.
Gli amici erano sempre sbalorditi. Non capivano come potesse fare quei viaggi così avventurosi, pieni ed intensi. Lui, che era non vedente.
[…] racconto lo trovate qui, mentre l’ispirato disegno è questo qui […]
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