6.4.13

6 Aprile

Non vivo davvero così lontano dal L'Aquila, almeno non abbastanza da non essermi svegliata di notte e aver avuto paura.
Ne ricordo diversi, di terremoti, nella mia vita, ma il posto in cui vivo è così. Ricordo chiaramente anche quello di Colfiorito, ma ero ancora troppo piccola per ricordarne il senso di inquietudine.

Questa volta è stato diverso, questa volta mi ha svegliata nel cuore della notte, questa volta mi ha fatto paura davvero, questa volta mi ha fatto capire il significato della parola 'Responsabilità'.

Non mi sono mai scrollata di dosso il senso di intorpidimento provocato dalla paura, ma credo che questa sia una lezione diversa da quella che voglio raccontarvi.

Non sono più andata a L'Aquila dopo il terremoto, non ho mai voluto vedere il luogo del disastro, quello che che doveva esserci ma non c'era più, la trovavo una mancanza di rispetto, un giro turistico superfluo. Lo pensavo finchè un anno fa, mentre preparavo la tesi, un mio professore ci propose di andare a L'Aquila per un progetto.
Si trattava di un viaggio di solo di un giorno, una domenica di Maggio calda e soleggiata, con il cielo limpido.
Ci aveva proposto di costruire un parco giochi con materiali di scarto, ferri vecchi, mattoni inutilizzati, vicino ad una scuola appena ricostruita, o meglio costruita, nuova, bianca e rossa, con il tipico stile di un edificio provvisorio e un standard.
Non ricordo il luogo esatto, ma ricordo perfettamente un altro edificio di nuova costruzione, forse a uno o due piani al massimo, colorato di azzurro, una sede scout, che a prima vista mi ha fatto sorridere.
Abbiamo passato l'intera mattina e il primo pomeriggio a dare colore a questo posto scarno, abbiamo creato giochi che nessuno avrebbe usato mai, ma che rendevano quella piccola piazza meno triste, la facevano sembrare meno uno slargo di cantiere e più un nucleo da vivere.
Non eravamo lì per giocare, eravamo lì con un messaggio preciso, volevamo mostrare come è possibile ricostruite anche se tutto quello che rimane sono frammenti di qualcosa che prima aveva un'altra forma.

(Avevo con me la mia macchina fotografica, ho scattato molte foto che, ahimè, sono attualmente disperse chissà dove, non sono affatto una persona metodica e ho dimenticato di metterle sul pc.)

Il pomeriggio, finita la parte ludico-creativa, siamo arrivati li, nel centro.

Un tuffo al cuore, mi è mancato il respiro.

La casa dello Studente. Sembrava avessero messo lì una vecchia istantanea del dopoguerra. Era tutto ancora al suo posto, con armadi e tavoli ancora lì, tutto, tranne una parte dell'edificio che avrebbe dovuto esserci.
Credo che molti di noi abbiano pianto, tutti per motivi diversi, alcuni perchè hanno rivissuto i momenti tragici raccontati da chi ce l'ha fatta, altri per quello che ha causato il crollo di quella parte di edificio, altri ancora perchè chi non ce l'ha fatta era esattamente come noi, giovani in cerca di un futuro e di un posticino in questo mondo tremendo.
Il professore non parlò molto, non c'era quasi nulla da dire, se non qualcosa che mi colpì e che mi rimase impressa dentro

"Ci saranno molte case dello Studente, e la Responsabilità è la vostra."

Credo che tutto questo, il luogo, la sensazione di quella notte, la verità dietro la tragedia, quell'Angelo in cemento e legno che vigila davanti alla Casa dello Studente, l'aria gelida che soffiava dai portoni spalancati degli edifici semi distrutti e abbandonati, tutto questo mi abbia spinta a pormi mille domande su quello che vorrei fosse il mio lavoro, su quanto siamo consapevoli di avere tra le mani la responsabilità della vita degli altri, e su quanto affrontiamo con leggerezza tutta la questione sicurezza, con la scusa che nulla di ciò che progettiamo da studenti sarà mai realizzato.

Ogni volta che penso a L'Aquila penso ad una città ancora bellissima che, nonostante tutto, cerca di farcela, agli abitanti che ancora si indignano per essere stati dimenticati dalle promesse di tutti, a quei nastri annodati, uno per ogni vita spezzata, a quei mazzi di chiavi lasciati sulle inferriate di sicurezza, uno accanto all'altro, che aprono porte di case non più esistenti, a chi non ha fatto il suo dovere e ha chi lo ha fatto, con molto coraggio.

Tutto questo, in ogni minimo dettaglio, è radicato dentro me e nel mio modo di vedere il mio lavoro.
Forse ho capito cosa vuol dire "Responsabilità".

Per non dimenticare, 6 Aprile 2009 - 6 Aprile 2013

.S

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